Ponzanello

" Un poco di luogo da potervi andare e ridurvisi talvolta a desinare, o a cena per ispasso "

Giorgio Vasari

Le Apuane

Immagine delle Alpi Apuane all'alba

Le Alpi Apuane sono una catena montuosa situata nel Nord della Toscana, fra i fiumi Magra (a nord-ovest) e Serchio (a sud-est) che declina a sud-ovest con la Riviera Apuana e la Versilia e a nord-est con le valli di Lunigiana e Garfagnana.
L'aggettivo "apuane" deriva dal fatto che nell'antichità erano abitate dai Liguri Apuani.

In questa Pagina:
LE ALPI APUANE  di Marco Marando
L’ANELLO DI COLONNATA a cura di Orazio Ficili
ANTICHE VIE DELLE APUANE a cura di Giuseppe Volpi (Tratto ESCURSIONI APUANE - www.escursioniapuane.com)

Il rifugio PietrapanaLE ALPI APUANE  di Marco Marando

Sul finire del XIX secolo, Gustavo Dalgas, uno dei membri più autorevoli della sezione fiorentina del CAI, nel suo articolo “La Pania della croce” definisce le Apuane “Una miniatura delle Alpi”.

Un’espressione quanto mai efficace per inquadrare un gruppo montuoso la cui morfologia assomiglia per molti versi all’imponente catena alpina, tanto da guadagnarsi in epoca napoleonica l’appellativo di Alpi, in contrapposizione con il più arrotondato profilo del vicino Appennino; non mancano infatti cime imponenti, torrioni, piramidi, pareti affilate.

Nel corso del Quaternario era presente anche una discreta attività glaciale, nonostante che la vicinanza del mare, con la sua azione mitigatrice sull’aria, ne smorzasse la consistenza.

Il più esteso ghiacciaio si estendeva in Val Serenaia, nel settore settentrionale della catena, con km 6,5 di lunghezza all’interno di uno spettacolare anfiteatro di cime: Pizzo d’Uccello (m 1781), Gondilice (m 1805), Contrario (m 1789), Cavallo (m 1899) e Pisanino (m 1945).

Un altro solco vallivo che dà un'idea inequivocabile della connotazione alpestre del massiccio è il Vallone degli Alberghi, che giunge a lambire le falde della splendida parete Sud del M. Contrario, mentre in lontananza il M. Cavallo mostra per intero la sua “coda”, dominata dalla singolare sagoma della Punta Carina. Scorrendo verso il centro della catena troviamo poi altri rilievi che superano i 1700 metri: Tambura (m 1890), Roccandagia (m 1700), Sumbra (m 1764) e Pania della Croce (m 1859); e ben visibile a chi da S sale verso N, quasi in prossimità della costa, si eleva isolato il M. Sagro (m 1749), che come suggerisce il nome, doveva rappresentare per i primi abitanti un luogo sacro.

La natura carsica di queste montagne ha creato al loro interno un groviglio di condotti, grotte, gallerie che si aprono talvolta in sale improvvise, prodotte dall’azione corrosiva dell’acqua percolante: solo chi ha la capacità di avventurarsi in questo mondo a sé può ammirarne le straordinarie architetture. Accanto a grotte turistiche conosciute, come la Grotta del Vento, La Buca d’Equi (dove ha soggiornato l’uomo preistorico) e l’Antro del Corchia, vi sono parecchi abissi, ovvero profondi e stretti pozzi originatisi nel momento in cui veementi movimenti tettonici hanno causato fratture.

Il record di profondità nelle Apuane e in Italia spetta al Roversi, nella regione della Carcaraia; scoperto negli anni settanta dagli speleologi bolognesi, la misurazione accurata e definitiva (m -1350) si è avuta solo 25 anni dopo, grazie all’esplorazione dei colleghi fiorentini.

Racchiuse in un’area di poco più di 1000 kmq., le Apuane, soprattutto lungo il versante marittimo, si articolano in profondi solchi vallivi, dove il sole è latitante per parecchie ore della giornata. Meno aspro e più coperto di boschi appare il versante che guarda gli Appennini, dove si possono ammirare associazioni miste di cerri, carpini, ontani, noccioli, castagni e, a partire dai 900 m, stupende faggete. Questa difformità dei due versanti ha prodotto microclimi spesso contrapposti, che hanno dato vita ad un ricco assortimento di specie vegetali: tra queste alcuni endemismi relitti di epoche lontane che qui, confinati in alcune oasi, hanno potuto continuare la loro preziosa esistenza.

Sui sentieri delle Apuane Camminare lungo gli oltre 500 km di sentieri che salgono, scendono, circondano, intersecano un’infinità di paesaggi e ne offrono prospettive sempre diverse, non ultimo quella che ha come sfondo il mare, è una peculiarità che pochi altri gruppi montuosi si possono permettere. E in palio c’è sempre la magia della sorpresa, sia che al nostro cospetto si staglino alberi secolari, sia che fragoline dall’inconfondibile profumo allietino il nostro passaggio.

La forte antropizzazione del territorio e lo sfruttamento della montagna, che è stato necessario per sfamare generazioni di individui, costretti dalla natura del territorio ad una atavica e spietata povertà, nonché la presenza di una linea ferroviaria che corre attorno al gruppo montuoso e di bacini per la produzione di energia idroelettrica, hanno di fatto posto dei limiti precisi alla delimitazione del Parco delle Apuane. Istituito nel 1985, è entrato concretamente in vigore l’11 agosto 1997. Anche in questo le Apuane si differenziano dal concetto di parco nel senso più tradizionale, concepito cioè come una specie di fortezza impenetrabile dove la natura è la regina assoluta e dove non si incontra un’abitazione per decine di chilometri.

Qui non è così, tanto che gli abitanti in area protetta del Parco delle Apuane sono circa 20000, comprese le aree urbanizzate contigue.
Un gruppo montuoso davvero complesso, nonostante la limitata estensione… sia in larghezza, che in altezza.

La dislocazione dei rifugi presenti nel parco offre una fruizione ottimale dell’articolato gruppo montuoso: la facilità di accesso e di collegamento tra le diverse strutture offre opportunità escursionistiche alternative alla semplice salita dai fondovalle e dai borghi; ne è un chiaro esempio l’Alta Via, percorso di cresta suggerito da Angelo Nerli, per Escursionisti Esperti, senza mai sconfinare nell’alpinismo vero e proprio: una lunga camminata estiva, suggestiva ed intrigante, per ammirare da vicino paesaggi mozzafiato, posti a cavallo tra l’Appennino e mare.

Marco Marando


L’ANELLO DI COLONNATA

Colonnata è universalmente nota per essere la capitale toscana del lardo, è anche un piccolo borgo simpatico arroccato tra ravaneti e montagne squarciate e biancheggianti come fossero sempre innevate.
Il percorso che vi proponiamo è adeguato ad una mezza giornata, giustamente impegnativo per il primo tratto fino alla Cima d’uomo, ma poi diventa una tranquilla passeggiata tra maestosi castagni. Possiamo definirlo una passeggiata aperitiva se si volesse poi fermarsi in una delle trattorie di Colonnata o della vicina Carrara.

Il percorso ha origine dalla piazzetta di Colonnata (volendo ci si può farsi fare un panino dalla salumeria della piazza, per l’acqua ci si rifornisce alla fontana) si sale e si prende il sentiero n. 48 (ricordiamo che i sentieri delle Apuane dall’1 al 99 sono sentieri di destinazione mentre quelli a tre cifre sono di collegamento da sentiero e sentiero).
Come spesso nelle Apuane, il sentiero parte subito in erta salita. Si lasciano le ultime case del paese e in certi momenti il tracciato si dimostra abbastanza severo da impegnare anche le mani, ma niente paura dura poco (circa 20 minuti), salendo velocemente fino a raggiungere la modesta Cima d’uomo, 968 m. da cui tuttavia si ha una stupenda visone delle cime circostanti.
La sommità si presenta nuda, di calcare e sassi, in caso di bagnato o peggio di gelo prestare la massima attenzione.
Adesso si comincia a scendere fino a raggiungere una valletta detta “la foce” (per Foce nell’appennino s’intende passo, gola, sella) da qui si abbandona definitivamente il fondo calcareo per camminare sulla terra.
Alla Foce troverete anche una sorgente che se non è secca da una buona acqua.
Da qui in avanti si camminerà sull’altro versante quello di sinistra della valle vedendo sulla destra la Cima d’uomo. Il sentiero è agevole e largo, ombreggiato da castagni, piacevolissimo.
Si sale leggermente per raggiungere “Case Vergheto”, da qui si potrebbe proseguire per il Monte Sagro e il Rifugio Carrara. Noi prenderemo a destra il sentiero n. 38 che scendendo dolcemente per comodo sentiero, in alcuni punti carrareccia, raggiunge Colonnata.
In totale avremo impiegato 2 ore e mezza/3 ore camminando con un passo tranquillo.

Ovviamente essendo un anello si può percorrere nei due sensi, vi consigliamo questo senso per togliere subito la rogna della salita ripida che in discesa è sempre più bruttina, comunque de gustibus.

Come raggiungere Colonnata:
Colonnata si trova a 4 kilometri sopra Carrara, direzione ospedale ed è ottimamente segnalata, sempre da Carrara è servita da una linea di autobus.

Segnavia: CAI bianco/rosso n. 48 e poi n. 38 chiaramente segnalati.

Dislivello: 400 m. in salita, 400 in discesa.

Difficoltà: E escursionistica.

Periodo consigliato: tutto l’anno ma sconsigliamo in giornate di pioggia, proibitivo con gelo o neve.

LUNI, LA GARFAGNANA E LE ANTICHE VIE DI COMUNICAZIONE ATTORNO ALLE APUANE.

Tutti sappiamo che molti dei sentieri che abbiamo percorso e continuiamo a percorrere sulle Apuane, erano già stati calcati fin da tempi molto lontani, qualcuno Scena di vita medievale - dalle tavole descrittive del sito archeologico dell'Hospitale di San Nicolao di Teaaddirittura dalla preistoria (come il CAI nr. 40) e moltissimi in epoca medioevale: commercianti, pellegrini, viandanti, soldati, briganti, pastori, contadini, personaggi importanti e disperati, scrittori, poeti, scultori e chi più ne ha più ne metta, le nostre Apuane, durante i secoli, sono state percorse da individui di ogni tipo e di ogni ceto sociale.

Gran parte dei percorsi più importanti di questa rete sentieristica collegava, dall’avvento dei Romani in poi, le due direttrici commerciali principali della zona: la Via Aemilia Scauri[1], sul lato costiero e la via Clodia Secunda o Via Clodia Nova, all’interno, strada che univa il porto e la sede vescovile di Luni con Lucca, percorrendo longitudinalmente tutta la valle del Serchio e che si diramava, attraverso il Passo di Tea, anche verso la Pianura Padana.

Il tracciato della Via Aemilia Scauri, essendo in linea di massima tutt’oggi presente, seppur con le moderne varianti[2], è noto a tutti, mentre quello della Via Clodia Secunda, che univa Luni a Lucca, è ancora molto incerto, specialmente nel suo tratto che attualmente definiamo lunigiano, per la carenza di punti di riferimento[3].

Luni

E’ cosa nota come Luni fosse un tempo il porto romano delle Apuane, dal quale partirono i blocchi di marmo che servirono per costruire le decine e decine di migliaia di statue e le centinaia di obelischi che ornarono la Roma Augustea, ma forse meno note sono l’importanza che essa ebbe per la vita commerciale dei paesi apuo-garfagnini, per quelli appenninici e per l'entroterra padano, per le vie di comunicazione che per questo ed altri scopi vennero create e per le vicissitudini che segnarono il decadimento e la fine di questa antica città.

Non crediamo sia sbagliato affermare che Luni fosse una città Roma-dipendente e che le sue fortune seguirono di pari passo quelle della città eterna e che quindi, proprio per questo, il commercio del marmo andò progressivamente calando col crescere della decadenza dell’Impero.

E tutto questo succedeva durante quel periodo in cui la dottrina Cristiana, un’ altra componente fondamentale per le sorti di Luni, si andava espandendo a macchia d’olio anche nella nostra zona, tanto che nel 275 un cittadino lunense fu addirittura eletto Papa [4].

Oltre a questo, durante il V secolo, Luni diventò importante sede vescovile[5], ma successivamente anch’essa non poté evitare di subire i tremendi saccheggi delle invasioni barbariche, arrivando ad essere, nel 641, quasi completamente distrutta dai Longobardi forse comandati addirittura da re Rotari.Pianta delle rovine di Luni

Gli stessi Longobardi, ivi stanziatisi, successivamente contribuirono a rimetterla in piedi e a darle nuovamente lustro riprendendo l’attività del commercio lapideo, e, convertitisi anch’essi al Cristianesimo, restaurarono, insieme a quelli che nel frattempo si erano stabiliti in Garfagnana, anche le vie di comunicazione tra le sedi vescovili di Luni e di Lucca, potenziando la vecchia Clodia Secunda, o Clodia Nova, creata a suo tempo dai Romani seguendo antiche tracce risalenti forse addirittura al secondo millennio a.c.

Questa via costituirà, nel periodo medioevale, l’asse dorsale della Garfagnana per gli scambi commerciali di questa regione con la costa e di queste due con la regione padana e i territori settentrionali.

In seguito, nel IX secolo, Luni subì le devastazioni dei Normanni e dei Saraceni, i quali ultimi poi tornarono a metterla a ferro e fuoco agli inizi dell’XI secolo.

Ma il nemico peggiore della città, quello che ne segnò definitivamente le sorti, fu il fiume Magra: furono infatti la sue esondazioni e i suoi detriti, riversati in mare anno dopo anno, ad insabbiare il porto e a ridurre la città ad una palude malarica, costringendo la popolazione all’abbandono e la sede Vescovile a trasferirsi, nel 1201, nella vicina Sarzana.

I resti della sua Basilica, l’Ecclesia Sanctae Mariae, sono attualmente visibili nella zona archeologica, alla destra della porta occidentale, un centinaio di metri a mare, dietro l’edificio dei Servizi di Accoglienza .

Si trattava di una Basilica paleocristiana[6] a tre navate fondata sui resti di una domus gentilizia, detta Domus di Oceano per i bellissimi mosaici pavimentali di tema marino in essa rinvenuti . Prima dell’abbandono, fu soggetta a diverse modifiche nei periodi bizantino e romanico.

I commerci

mercanti - dalle tavole descrittive del sito archeologico dell'Hospitale di San Nicolao di TeaNonostante la fine di Luni e del suo porto, la Via Clodia Secunda, continuò comunque a funzionare regolarmente, permettendo ai centri garfagnini di ricevere le merci che, da sud, venivano loro smistate dal porto di Motrone, passando per Lucca (nei periodi in cui quello scalo le appartenne) tramite l'Aemilia Scauri (l’attuale Via Sarzanese), e, da nord, dai porti di San Maurizio di Ameglia e di Lavenza, il quale a partire dal XIII secolo aveva sostituito quello di Luni.

Questi porti ricevevano mercanzie, in genere lana, seta e spezie dall’Inghilterra, dal Portogallo, dalla Spagna e dalla Francia, nonché agrumi ed altra frutta dalla Sicilia, che insieme alla Sardegna li riforniva anche del prezioso sale[7].

La Garfagnana veniva servita da mulattieri e carrettieri, in pratica gli spedizionieri di allora, che si appoggiavano ai centri di mercato locali, i più importanti dei quali, già nel Trecento, si trovavano lungo il Serchio, a Borgo a Mozzano, a Gallicano, a Cascio, a Castelnuovo, a Camporgiano e a Piazza al Serchio, e che erano meta anche dei mercanti che provenivano dalla regione Padana.

Naturalmente questi mulattieri e carrettieri, quando ritornavano verso i porti, recavano con loro i prodotti alimentari tipici dell’entroterra quali potevano essere olio, castagne (e la loro farina), cereali (il famoso farro), i formaggi, ma anche prodotti di altro genere, quali le pelli, provenienti soprattutto da oltre appennino, il carbone da legna e il ferro lavorato nelle fabbriche della Garfagnana.

La Via Clodia Secunda o Via Clodia Nova

Proviamo ad immaginare il tragitto di questa Via seguendo il senso di marcia delle mercanzie che arrivavano dal mare.

Rappresentazione grafica del percorso ipotetico della Via Clodia Secunda Lucca-Luni.

Partendo da Luni, che, ricordiamo ancora, era attraversata dalla Aemilia Scauri, che più o meno corrispondeva alla strada odierna che passa davanti all’anfiteatro dirigendosi verso il Museo Archeologico, costituendo il Decumano Massimo della città, la Via Clodia Secunda inizialmente si sarebbe snodata dirigendosi verso Casano, dove, attraversato il torrente Parmignola sarebbe salita ad Ortonovo e quindi alla Foce di Ortonovo. Da qui avrebbe poi raggiunto Casapoci, ovvero l’odierna Castelpoggio.

Da Castelpoggio, centro a quel tempo in stretti rapporti con Luni, si sarebbe diretta, ricalcando un tratto dell’attuale sentiero CAI nr. 47, verso la località “La Maestà”, dove avrebbe scollinato per dirigersi verso Marciaso, raggiunta la quale avrebbe proseguito, seguendo il solco del torrente Bardine, per Posterla e quindi per Soliera passando, probabilmente, per Bardine San Terenzo.

Dopo la fine del porto di Luni, sostituito da quelli di San Maurizio di Ameglia e di Lavenza, ed il trasferimento della sede vescovile in Sarzana, Marciaso sarebbe stata raggiunta, anche transitando per Fosdinovo e Pulica.

Da Soliera la via avrebbe poi risalito il corso dell’Aulella e, percorrendo la sua destra orografica, avrebbe trovato sul suo percorso prima Gassano e poi Gragnola eTabula Peutingeriana Sercognano (alcune teorie vorrebbero che in questa zona si trovasse il Forum Clodii[8] Peutingeriano, mentre altre lo identificherebbero nei pressi di Cecina, a poca distanza da Marciaso[9], ed altre ancora a Fivizzano o a Piazza al Serchio), per arrivare alla Pieve di Codiponte (Caput pontis) e da lì proseguire per Casola in Lunigiana dove avrebbe attraversato il corso del torrente Tassonaro, e, portandosi sulla sua sinistra orografica, avrebbe raggiunto Pieve San Lorenzo, entrando nell’attuale Garfagnana.

A Pieve San Lorenzo si pensa ci sia stata una prima biforcazione: un ramo, passando per il Castellaccio di Renzano, si sarebbe diretto verso Pugliano per raggiungere Regnano e collegarsi alla via che, provenendo da Veleia Romana[10] e passando per Gragnana, arrivava a San Michele, nelle immediate vicinanze di Piazza al Serchio attraverso il Passo di Tea[11], dove, già dalla metà dell’XI secolo era presente l’Hospitale di San Nicolao, mentre l’altro si sarebbe diretto fino a Minucciano, passando per la Beata Vergine del Soccorso, un Eremo[12] ancor oggi in uso, quindi avrebbe superato il Valico di Minucciano per puntare verso Piazza al Serchio passando lungo la direttrice Gramolazzo, Agliano, Castagnola, Nicciano e San Michele.

A San Michele quindi, sarebbero pervenute due diramazioni della Clodia secunda, una proveniente dalla Val Padana, e l’altra da Luni. Un breve tratto di strada, del cui lastricato sono tutt’oggi presenti dei resti, congiungeva poi San Michele a Piazza al Serchio, l’antica Pianta dei resti dell'Hospitale di San Nicolao di Tea - dalle tavole descrittive del sito archeologico dell'Hospitale di San Nicolao di Tea.Castrum Vetus, dove giungeva un’ulteriore via proveniente dal Passo di Pradarena.

Da qui fino a Lucca la via sarebbe stata unica, pur raccogliendo diverse direttrici secondarie trasversali.

Infatti essa, lasciata Piazza al Serchio, avrebbe attraversato il fiume e, proseguendo con itinerario a mezza costa lungo la sua destra orografica, si sarebbe diretta verso Casciana-Cascianella, e, evitando Camporgiano, avrebbe superato Casatico e Vitoio arrivando a Roccalberti, per poi scendere, varcando il torrente Edron sul Ponte Vecchio, presente ancor oggi seppur recentemente ricostruito, al Podium Sancti Terentii, cioè l’odierna Poggio. Da qui, dopo essere passata per Filicaia, Gragnanella e Antisciana, avrebbe raggiunto il centro principale della Garfagnana, cioè Castelnuovo.

Da Castelnuovo Garfagnana si sarebbe poi diretta a Monteperpoli, nei cui pressi si trovava l’ Hospitale di San Regolo, e quindi a Cascio passando per il Castellaccio, rocca oggi ridotta a rudere, e per il vicino Eremo di Sant’Andrea, anch’esso attualmente distrutto, per arrivare poi a Gallicano dove, a partire dal XV secolo i viandanti avrebbero potuto usufruire del l’Hospitale di Sant’Antonio.

Da Gallicano la destinazione successiva sarebbe stata Bolognana e quindi l’Hospitale di Colle Acinaio, per poi risalire la sinistra orografica della Turrite Cava fino ad attraversarla in località Pontaccio e quindi raggiungere Motrone, da dove si sarebbe poi diretta a Borgo a Mozzano passando per Gioviano.

Da Borgo a Mozzano avrebbe poi proseguito verso Diecimo e quindi, lasciando che chi la percorresse si concedesse il piacere di un’ultima sosta presso l’Hospitale di San Martino in Greppo, avrebbe finalmente raggiunto le porta Nord[13] di Lucca passando per Valdottavo e Domazzano, terminando così i circa 150 KM del suo tracciato.

LE ANTICHE VIE DI COMUNICAZIONE ATTRAVERSO LE APUANE

I percorsi trasversali ieri ed oggi

Come abbiamo detto, l'anello di aggiramento della catena Apuana da parte della Aemilia Scauri e della Clodia Secunda, essendo più sicuro, e consentendo il transito di carri, era percorso soprattutto a scopo commerciale. Ma queste vie principali erano anche piuttosto lunghe e spesso tra chi percorreva la nostra zona c’era anche chi aveva la necessità di accorciare le distanze (pellegrini, viandanti, pastori, contadini pendolari, ecc.), e questo fece sì, come abbiamo già detto inizialmente, che si intrecciasse tra la Via Clodia Secunda e il litorale Apuo-Versiliese anche una serie di percorsi trasversali che si univano a sentieri di collegamento tra paesi limitrofi, quindi in gran parte preesistenti, e che furono spesso usati anche dai contrabbandieri (soprattutto di sale) i quali potevano, in questo modo, evitare quelle dogane che imponevano le famose e spesso famigerate gabelle.

Tracciato ipotetico della Via Clodia Secunda, delle sue biforcazioni e dei percorsi trasversali.

Versilia

L’attuale sentiero CAI nr. 6 nel suo tratto da Stazzema a Moscoso ed il nr.8 nel tratto che va da Moscoso a Palagnana attraverso la Foce delle Porchette, era parte di un percorso che univa Seravezza a Colle Asinaio, passando anche per Ruosina, Gragliana, e, immettendosi nel solco della Tùrrite Cava, per Fabbriche di Vallico, Vallico Sotto e Cardoso (in Garfagnana), da dove era possibile raggiungere la Via Clodia Secunda anche più a Nord, a Bolognana, con una deviazione che passava per l’Eremo di San Doroteo. Questo percorso, essendo il più meridionale ed il meno elevato, era spesso usato d’inverno, quando le alternative di quota maggiore erano impraticabili per il ghiaccio e la neve.

Il sentiero CAI nr.6 era altresì usato in tutta la sua attuale percorrenza da Stazzema a Fornovolasco per congiungere, attraverso la Foce di Petrosciana, ancora Seravezza, vero fulcro viario dell’antica Versilia per l’interno, con la Via Clodia Secunda a Gallicano. Anche lungo questo percorso era possibile usufruire di strutture dove trovare rifugio: l’Hospitale di Volasco, in uso fino al XVI secolo e oggi individuabile nei pochi ruderi della cosidetta "chiesaccia", e l'Eremo di Calomini, attivo a cominciare dal XIV secolo.

Il sentiero CAI nr.9, da Levigliani, a cui si perveniva da Seravezza attraverso Ruosina e che, attraverso la Foce di Mosceta e Col di Favilla, unisce la Versilia ad Isola Santa, costituiva anch’esso un importante percorso trasversale. Ad esso se ne raccordavano altri due: Antichi Hospitali - dalle tavole descrittive del sito archeologico dell'Hospitale di San Nicolao di Teaal Passo dell’Alpino, uno proveniente da Pruno (sempre via Seravezza-Ruosina) e corrispondente all’odierno sentiero CAI nr.122, a Col di Favilla un altro proveniente da Fociomboli, a cui perveniva da Seravezza transitando per Cansoli e Terrinca e raggiungendo il Passo dei Fordazzani dopo aver aggirato Pian di Lago sul suo versante occidentale. Quest’ultimo percorso, nel suo tratto da Fociomboli a Col di Favilla, ricalcava l’attuale sentiero CAI nr.11.

Isola Santa, a sua volta, era un’importante crocevia, supportato dal suo Hospitale di San Jacopo, e da dove si poteva raggiungere la Via Clodia Secunda in diversi modi. Uno era quello di raggiungere Pizzorno, da dove seguendo l’attuale sentiero CAI nr. 138 si proseguiva per Colle a Panestra, quindi per Sant’Antonio con l’attuale CAI nr. 133. Da qui era possibile scendere a Castelnuovo Garfagnana attraverso Eglio, Sassi e Monterotondo, proprio come si scende oggi con un tratto del percorso del GT (Garfagnana Trekking). Un’altra soluzione consentiva di guadagnare la Via Clodia Secunda più a Nord, al Podium Sancti Terentii, l’attuale Poggio, salendo a Capanne di Careggine e quindi, superando il malagevole Passo di Scala, ai Colli di Capricchia e al Pian dei Molini, scollinando in località La Foce, e successivamente, passando per Careggine e per Sillicano. Attualmente questo percorso, in modalità segnalata, è grosso modo percorribile soltanto nel tratto del GT Isola Santa-Capricchia, usufruendo però di un buon tratto di strada asfaltata.

Massa

Da Massa, per Resceto, era possibile raggiungere la Via Clodia Secunda valicando il Passo della Tambura e percorrendo la Valle di Arnetola. Si arrivava in questo modo a Vagli di Sopra, da dove si saliva fino a Campocatino, si oltrepassava il Giovo di Campocatino e si proseguiva fino a Roccalberti passando per Roggio e Puglianella.

Attualmente è possibile ripetere più o meno lo stesso tragitto col sentiero CAI 35 (Via Vandelli) fino ad Arnetola da dove si raggiunge Vagli di Sopra con la via di cava e da qui si prosegue seguendo la stretta strada asfaltata fino, appunto, al Giovo di Campocatino dove inizia il sentiero CAI 149 (ex 34) che, in pratica ricalca l’antico percorso fino a Roccalberti.

Ad Arnetola si giungeva da Massa anche attraverso Pariana ed Antona, salendo poi da qui al Passo d’Angiola, e transitando da dove adesso c'è Arni e attraverso il Passo Sella, percorso attualmente in parte percorribile con i sentieri CAI nr. 41, 33 e 31.

Carrara

Da Carrara infine, transitando per Torano si poteva raggiungere Monzone percorrendo in tutta la sua lunghezza l'attuale sentiero CAI nr.40, transitando per il Cardeto. Da Monzone e poi Ponte di Monzone si saliva ad Aiola per arrivare ad Equi Terme ricalcando il sentiero CAI 39, salire ad Ugliancaldo con il 176 e raggiungere la Via Clodia Secunda a Pieve San Lorenzo nello stesso modo in cui ci si arriva oggi con il sentiero CAI 181.

Un'alternativa alla prima parte di questo tragitto era quella di raggiungere Gragnana dalla città dei marmi e attraverso Ponte Storto varcare la Gabellaccia ed arrivare a Maestà della Villa col sentiero CAI 46, quindi raggiungere Ponte di Monzone attraverso Tenerano ed Isolano.

CONCLUSIONE

Le Apuane da una parte costituivano una barriera molto scomoda da superare per chi doveva, dalla costa, rifornire di mercanzie varie i paesi garfagnini e viceversa, e dall’altra offrivano ottimi rifugi ai briganti e a chiunque avesse bisogno di nascondersi, ma erano anche un territorio dove poter vivere una vita in solitudine e meditazione e una miniera eccezionale da cui poter estrarre stupendi marmi da scultura e da ornamento.

Le loro pendici sono sempre state aspre, dure da percorrersi, spesso impossibili d’inverno, ma tant’era, così stavano le cose e così dovevano essere affrontate, e in tal modo, come abbiamo visto, fin da tempi in vari casi antecedenti a quelli dei romani si è venuta a creare una rete di sentieri e mulattiere che, anche grazie alla costante manutenzione delle sezioni CAI e delle Comunità Montane, integralmente oppure in parte e con le inevitabili modifiche dovute a cause naturali ed al progresso, è arrivata fino ai nostri giorni.

Ci sembra giusto che questa rete, che ci consente di poter ricalcare le orme dei nostri avi godendo delle aspre e amene bellezze delle nostre montagne, sia da considerare, almeno localmente, come un vero e proprio patrimonio storico.

[gv - 01/10/2011]

Qui ulteriori immagini ed eventuali altri elementi multimediali relativi alla presente scheda.

Testi consultati:

Mariano LALLAI, “Tracce della viabilità antica e medievale in Garfagnana” - Paolo PELÚ, “Rapporti tra la Costa Tirrenica e la Bassa Padana” - Roberto RICCI “ Dal Forum Clodii al XII secolo: potere e territorio”, in “VIABILITÀ, TRAFFICI, COMMERCIO, MARCATI E FIERE IN GARFAGNANA DALL’ANTICHITÀ ALL’UNITÀ D’ITALIA” Atti del Convegno tenuto a Castelnuovo Garfagnana, Rocca Ariostea, 10-11 settembre 2005 – Ed. AEDES MURATORIANA.

Fabio BARONI, Lucia GIOVANNETTI, Sonia GOBBATO, J.A. QUIRÒS CASTILLO “Viabilità e ospedali nella valle del Serchio” - J.A. QUIRÒS CASTILLO “Archeologia delle strade nel medioevo” in “L'OSPEDALE DI TEA E L'ARCHEOLOGIA DELLE STRADE DELLA VALLE DEL SERCHIO” di J.A. QUIRÒS CASTILLO, Ed. ALL'INSEGNA DEL GIGLIO, Firenze, 2000.

note

1 La Via Aurelia, costruita nel III secolo a.c., si fermava a Pisa, impedita nel suo proseguimento dalle malsane paludi Apuo-Varsiliesi (Fossae Papirianae) e dal pericolo costituito dalle bellicose tribù dei Liguri Apuani, per cui da lì, Luni si raggiungeva o via mare o attraverso Lucca e la Garfagnana con la Via Clodia Secunda. Questo fino al 56 a.c., quando Giulio Cesare incaricò Marco Emilio Scauro di costruire un collegamento collinare, che, da Pisa, raggiungesse Luni passando per le odierne Lucca, Camaiore, Massa e Avenza. Da Luni poi, già dal 109 a.c. era esistente una via che proseguiva in direzione Nord per le odierne Vado Ligure e Tortona, costruita, guarda caso, dal padre (omonimo) del Marco Emilio Scauro già citato in precedenza.

2 In effetti, nel suo tratto Lucca-Versilia, ad essa corrispondono in gran parte le odierne Via Sarzanese e Via Aurelia, mentre, superata Massa dirigendosi verso Luni, essa entrava in Avenza qualche centinaio di metri verso mare rispetto al tracciato dell’attuale Aurelia, e continuava più o meno ricalcando l’odierna Provinciale Avenza-Sarzana (ex Via Aurelia Vecchia).

3 Come riferimento, anche per la carenza di reperti archeologici, ci si basa molto sui toponimi.

4Eutichianus, natione Tuscus ex patre Marinode civitate Lunae: Eutichiano, nativo di Luni , fu ventisettesimo Papa della Chiesa Cattolica. Il suo pontificato durò dal 275 al 283 d.c.

5 In epoca medioevale Luni fu un’importante sede vescovile che comprendeva le pievi e le parrocchie situate tra le valli dei fiumi Magra e Vara e la parte più alta della valle del fiume Taro, quelle dell’alta Garfagnana e della parte a mare del territorio Apuano fino al torrente Versilia, il quale segnava il confine con la Diocesi di Lucca; inoltre essa, essendo dotata di un porto che ne permetteva i collegamenti, comprendeva anche le isole della Gorgona, della Capraia, del Tino del Tinetto e della Palmaria.

6 L’Ecclesia Sanctae Mariae (Chiesa di Santa Maria) fu poi abbandonata seguendo le sorti della città di Luni, all’inizio del XIII secolo, essendo il porto insabbiatosi e la zona diventata una palude acquitrinosa apportatrice di malaria. La sede vescovile da allora fu trasferita a Sarzana, nella chiesa di San Basilio che dal 1269, prese anche il nome di Santa Maria, mantenendolo fino ad oggi.

7 Altri prodotti diretti all’interno erano anche il corallo e l’oro filato.

8 Il Forum Clodii sarebbe stata una stazione di mercato di epoca tardo romana, riportata sulla Tabula Peutingeriana, una copia, probabilmente Duecentesca, di un’antica carta militare dell’Impero Romano, così chiamata dal nome del suo proprietario, l’umanista tedesco Konrad Peutinger (1465-1547).

9 Questa teoria è supportata dal rinvenimento a Cecina, nell’800, di una lapide con dedica a Nerone e a Poppea, che potrebbe indicare, in quella località, l’esistenza di un sito romano di una qualche importanza già in epoca precedente a quella del Forum Clodii.

10 Veleia Romana fu un antico centro nei pressi di Piacenza. Essa deve il suo nome alla popolazione ligure dei Veleiati, che popolavano quel territorio e fu un’importante stazione termale frequentata dalla Roma “bene” post-cristiana, attiva fino al IV secolo, quando, dopo un periodo di decadenza, scomparve per circostanze non ancora chiare, tanto da meritarsi da parte di alcuni e, senz’altro un po’ troppo esageratamente, l’appellativo di “Pompei del Nord”.

11 Valico dei Monti di Tea, la bretella montagnosa che unisce gli Appennini alle Apuane, che mette in comunicazione l’alta Garfagnana con la Lunigiana sopra Giuncugnano, a nord dell’Argegna. Nelle vicinanze del Passo esisteva l’Hospitale di San Nicolao di Tea, di cui oggi sono visibili i resti.

12 Queste antiche vie, dovendo essere percorse a tappe, erano costellate da Hospitali ed Eremi, edificati in gran parte durante il periodo dei pellegrinaggi, che avevano lo scopo di dare rifugio ed ospitalità ai viandanti.

13 Lucca ebbe quattro cinte murarie, la prima delle quali fu quella romana, costruita intorno al 180 a.c.. Essa era dotata di 4 porte corrispondenti ai punti cardinali, alle quali pervenivano altrettante vie di comunicazione: alla porta Est e a quella Ovest la via Cassia, che costituiva anche il Decumano della città, a sud la via per Pisa e a nord, appunto, la via Clodia Secunda. La porta Nord sarebbe stata localizzata all’incrocio di Via Fillungo con Via Mordini e Via degli Angeli e fu sostituita, con la costruzione della seconda cinta muraria durante il XIII secolo, dalla Porta dei Borghi.

Immagine delle Alpi Apuane

 

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